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Prima o poi noi genitori ci troviamo davanti ad un bivio, la decisione da prendere riguarderà il cedere alla tentazione di acquistare uno smartphone a nostro/a figlio/a oppure resistere strenuamente.

Le motivazioni, che ci guideranno nella scelta di imboccare una o l’altra strada, saranno differenti.

Negli ultimi anni questo delicato argomento ha visto nascere diverse correnti di pensiero, abbiamo chi sostiene che il cellulare fa parte della vita di un adulto e che quindi sia normale regalarlo ad un bimbo di 7 anni, i cosiddetti nativi digitali (generazione Y) i quali considerano i dispositivi elettronici, connessi alla rete, come naturale estensione dei loro arti ed è a questo proposito che ci dovremmo chiedere quando e se l’abuso possa trascendere l’uso.

Ci sono poi quei genitori che decido di regolare la gestione della tecnologia per “un periodo limitato di tempo” e infine ci sono gli integralisti, cioè coloro che considerano lo smartphone, il pc o il videogioco, come oggetti che tra le mani di un bambino non potrebbero fare altro che danni, restando fermamente contrari sia all’acquisto che all’utilizzo temporaneo.

Un sondaggio, condotto in una scuola primaria nel 2018, ha permesso di rilevare la frequenza d’uso di dispositivi come cellullare, tv e videogiochi da parte dei piccoli alunni.

Emerge una percentuale significativamente alta di giovani che utilizzano dispositivi elettronici sia per il gaming che per la navigazione.

La presente indagine ha avuto, nel 2018, come obiettivo quello di accendere una riflessione su come i bambini si approcciano con facilità ai dispositivi elettronici.

Sono trascorsi ad oggi 4 anni, la situazione a seguito della pandemia sembra essere precipitata, bambini e adolescenti hanno trovato nel videogioco, nello smartphone, nella tecnologia in generale un fedele e sicuro amico, una valvola di sfogo che ha permesso loro di trascorrere quel tempo che pareva essersi fermato tra le mura domestiche.

Secondo alcuni studi, condotti nel 2020, l’utilizzo dei giochi online dall’inizio della quarantena è aumentato del 75% (Pantling 2020), con un incremento del 70% del traffico internet dovuto al gioco Fortnite, solo in Italia (Lepido e Rolander 2020)

Dipendenza e impatto sul cervello

Nora Volkow direttrice del National Institute on Drug Abuse negli Stati Uniti ha spiegato al Wall Street Journal, come il nostro cervello è programmato per cercare interessi e appagamento.

Quando si chiede al bambino di spegnere il videogioco prima che lui abbia concluso la partita dovete sapere che è come togliere una fetta di torta ai primi bocconi.

Solo che mangiare un dolce è un atto che ha un inizio e una fine, una volta arrivati all’ultima briciola ci sentiamo appagati, mentre i videogiochi sono concepiti per offrire ricompense non conclusive, i livelli, che spingono il giocatore a voler continuare, e nella maggior parte dei videogiochi la fine non c’è mai.

Quindi vediamo insieme… perchè è così difficile convincere i bambini a smettere di giocare? In realtà bambini e adolescenti non hanno ancora sviluppato la capacità di interrompere un’attività gratificante per passare a qualcosa di poco divertente.

Dipende tutto dalla corteccia prefrontale, cioè la parte del cervello deputata alla gestione degli impulsi e coinvolta nei processi decisionali che, fino ai 25 anni, non è completamente formata.

Il compito di tale zona del cervello è quello controllare le risposte emotive inibendo le spinte eccessive, permettendo così di padroneggiare le reazioni automatiche, a volte esagerate, a emozioni intense.

Un articolo pubblicato nel 1998 sulla rivista scientifica Nature ha dimostrato che i videogiochi stimolano il rilascio da parte del cervello di dopamina, un neurotrasmettitore che ci inonda di piacere, ha il compito di regolare la sensazione di piacere e ricompensa.

Quest’ultimo deriva dalla gratificazione immediata, dal ritmo veloce, dell’imprevedibilità e dal fattore sorpresa presente nei videogiochi.

Con un semplice tocco si possono creare o distruggere infinite possibilità, il che genera una sensazione positiva a cui il bambino non riesce a rinunciare.

Per questo, cercherà di mantenerla il più a lungo possibile e vorrà riprovarla in futuro.

Per questo non riesce a staccarsi dallo schermo, a meno che non ci sia un’attività altrettanto piacevole che lo attende.

Altro aspetto da non sottovalutare è che i videogiochi sono progettati proprio per tenere “attaccate” le persone, il gioco non arriva mai a concludersi, livelli difficili da raggiungere ma una volta raggiunto eccone un altro… quest’obiettivo si ottiene con la tecnica della ricompensa imprevedibile, il fatto di sapere che si raggiungerà una gratificazione, un premio, si completerà un livello ma senza sapere esattamente in che momento, crea eccitazione e rende difficile abbandonare il gioco senza aver raggiunto l’obiettivo.

È come giocare a una slot-machine.

L’attesa del gioco si traduce in un aumento di circa il 75 % di dopamina nel cervello rispetto ai livelli di base.

Studi scientifici svolti anni fa ci dicono che più un giocatore diventa bravo, più i livelli di dopamina aumentano, non riuscendo a regolare stati emotivi intensi.

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Fonti: M. J. Koepp, R. N. Gunn, A. D. Lawrence, V. J. Cunningham, A. Dagher, T. Jones, D. J. Brooks, C. J. Bench & P. M. Grasby. Evidence for striatal dopamine release during a video game. Nature 1998. La strategia del timer – Videogiochi, non è un capriccio se bambini e adolescenti non riescono a staccarsi – Corriere.it

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